Con 2,1 milioni di ettari coltivati, pari a quasi il 18% della Superficie agricola utile (Sau) totale, l’Italia non solo può centrare l’obiettivo di raggiungere il 25% di Sau a bio entro il 2030, ma può fare meglio e centrare il target con largo anticipo.
Il settore ha tutte le carte in regola per raggiungere il 30% della Sau entro il 2027, a patto che siano messi a disposizione fondi adeguati (passando, calcola Giuseppe Romano, presidente di Aiab, dai 450 milioni del combinato disposto fra Programmi di sviluppo rurale e risorse dell’Ecoschema-2 proposto all’interno del Piano strategico nazionale della Politica agricola comune a 900 milioni all’anno) e si mettano a sistema azioni congiunte finalizzate ad accompagnare il percorso di conversione dal convenzionale al biologico, si favorisca la transizione ecologica e digitale e si stimolino i consumi, così da mantenere in equilibrio la domanda e l’offerta.
Se a livello mondiale le superfici a biologico rappresentano appena l’1,5% della Sau mondiale, come ha ricordato Stefano Vaccari, direttore generale del Crea, e quindi «sono come una start-up, l’Ue con l’8% delle superfici a biologico è il motore del biologico mondiale e in questo contesto l’Italia è protagonista anche per il valore aggiunto delle produzioni bio, specializzate e ad alto valore aggiunto».
Forte di una sostenibilità riconosciuta a livello internazionale, le prospettive potrebbero essere ancora più favorevoli, suggerisce Riccardo Cozzo, presidente di Assocertbio, l’associazione degli enti di certificazione del settore, «intervenendo sulla burocrazia, che rallenta le conversioni».
Un altro ostacolo, per il direttore generale del Crea Vaccari, è «il Titolo V della Costituzione, che riconosce la competenza delle Regioni in materia di agricoltura» e che non rende sempre fluido il dialogo, dal momento che «impedisce allo Stato di prevedere misure specifiche», tanto che per il biologico, puntualizza nel suo intervento in collegamento da Roma il sottosegretario Battistoni, «per il biologico sono stati stanziati 5 milioni di euro per intercettare 4 milioni di potenziali consumatori».
Il settore sta comunque tirando, tanto che dal palco di Veronafiere il presidente di Copagri, Franco Verrascina, annuncia la nascita «entro la fine di novembre, dell’associazione di Copagri dedicata al biologico, che si chiamerà Anaprobio».
B/Open diventa anche il palcoscenico per spingere la legge nazionale sul biologico, in dirittura d’arrivo da molti mesi, ma alla quale manca ancora l’ultimo miglio. «È necessario – afferma Maria Letizia Gardoni, presidente Coldiretti Marche e componente della giunta nazionale di Coldiretti – approdare ad un sostegno normativo per definire un percorso imprenditoriale che ha fatto molti passi in avanti e per facilitare il percorso economico e culturale del Paese».
Accanto all’approvazione normativa, per Giuseppe Romano, numero uno di Aiab, «servono formazione, informazione, ricerca, innovazione per far crescere l’agricoltura biologico, insieme a fondi adeguati, che secondo la nostra valutazione dovrebbero passare da 450 a 900 milioni di euro all’anno».
Ecco che il Pnrr potrebbe essere una delle case del biologico, insieme alla Politica agricola comune e al Piano strategico nazionale. Gli spazi per accedere potrebbero configurarsi nelle linee guida dedicate, come detto, ai contratti di filiera e ai distretti, ma anche, suggerisce Vaccari, «la stessa filiera logistica bio dovrebbe essere oggetto di specifiche attenzioni».
Allineato il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, che chiede di «rafforzare il concetto del biologico all’interno delle filiere, partendo dalla redditività di tutti gli anelli, di assicurare il valore aggiunto dalle materie prime al prodotto trasformato, tenendo conto anche di aspetti quali la logistica, sostenendo i consumi senza deprimere i prezzi».
Essenziale, per Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio, «fare un salto di qualità e proporre un’idea strategica di promozione e sostegno del biologico che comprenda anche uno specifico piano sementiero, reti di impresa e sostegno dei consumi come fattore di spinta delle produzioni, che in Italia sono cresciute, ma meno rispetto a Germania e Francia».
Federbio, inoltre, suggerisce al mondo del biologico di «scrivere a tutti i capigruppo in Parlamento per calendarizzare la legge sul biologico, cosicché venga approvata entro il 2021, perché dal 1° gennaio prossimo entra in funzione il nuovo regolamento europeo di settore e non possiamo farci trovare impreparati».
A B/Open fari accesi anche sull’agricoltura biodinamica, «un settore ad alto valore aggiunto, che deve essere sostenuto tanto nelle politiche di internazionalizzazione quanto sul mercato interno», sollecita Carlo Triarico, presidente dell’associazione Agricoltura biodinamica.
A B/Open fari accesi anche sull’agricoltura biodinamica, «un settore ad alto valore aggiunto, che deve essere sostenuto tanto nelle politiche di internazionalizzazione quanto sul mercato interno», sollecita Carlo Triarico, presidente dell’associazione Agricoltura biodinamica.
Proprio in chiave di commercializzazione, Enrico Amico, presidente di Demeter, invita a «creare piattaforme distributive per il mercato interno e quello estero». Sarebbe un’opportunità per il circuito Demeter, un brand diffuso e conosciuto, che in Italia conta già oltre 1.000 imprese e altre 4.000 che ne rispettano gli standard, più stringenti come biodinamico del biologico», del quale possono considerarsi una punta avanzata.
Fra le politiche di approccio al bio, Luigi Tozzi, responsabile del settore biologico per Confagricoltura (e vicepresidente Organic Area del Copa), chiede di «valorizzare il biologico nelle aree marginali, anche attraverso i bio-distretti, sostenendo allo stesso tempo ricerca e digitalizzazione».
Contratti di filiera, campagne di informazione e promozione dei consumi sono alcune delle ricette illustrate da Francesco Torriani, coordinatore del settore Biologico di Alleanza Cooperative Agroalimentari. «Il Green Deal europeo, la strategia Farm to Fork, il piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica sono, infatti, tutte politiche che favoriscono e incoraggiano l’approccio di filiera e di distretto, ovvero i due modelli politico-organizzativi che sono a nostro avviso alla base dello sviluppo sostenibile dell’agricoltura e quindi anche e soprattutto di quella biologica».
Fonte: www.b-opentrade.com
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